

Comici con quella sua ricerca del gesto estetico perfetto, sia nella singola mossa plastica che nella traiettoria perfettamente perpendicolare. Gervasutti il Fortissimo con i suoi pensieri malinconici che non lo rendevano mai soddisfatto, sempre alla ricerca di un nuovo stimolo. Castiglioni che sfrutta le sue capacità e la sua conoscenza per salvare ebrei ed esuli durante e dopo la Seconda Guerra. Cassin col suo gusto di condivisione delle imprese. Bonatti con la sua necessità di far emergere l’avventura creativa proprio in mezzo alla difficoltà e all’imprevisto. Storie che si intersecano l’una con l’altra: seppur distanti negli anni si ammirano l’un l’altro come discepoli nei confronti dei maestri. C’è spazio anche per storie apparentemente più piccole ma che raccontano del medesimo amore per la contemplazione e della medesima necessità dell’azione, come la storia del Papa montanaro di Desio, Achille Ratti o del Professor Kugy alla ricerca sulle Alpi di un fiore introvabile.
Chi ha saputo descrivere con maestria e consonanza queste avventure è stato lo scrittore Dino Buzzati, vero amante delle Alpi (di Belluno, chiese di chiudere gli occhi di fronte alle sue Dolomiti) che nei resoconti che fece come cronachista sul Corriere della Sera accende riflessioni e poesie (c’è spazio anche per quelle così intense della montanara di Pasturo Antonia Pozzi) che ci inducono a interessarci a quegli alpinisti come uomini prima di tutto: “Senza quegli impulsi temerari, disinteressati, e apparentemente folli, all’uomo verrebbe a mancare la famosa fiammella”.
Sono stati definiti gli ultimi eroi della storia d’Italia.
A noi piace considerarli uomini che hanno vissuto la vita in pienezza: con impeto e in contemplazione.
Come direbbe Castiglioni: “La vita vissuta è solo quella conquistata. Perciò la vita è difficile e deve essere difficile, come un’ascensione che non può essere bella se non è anche difficile. Ove non c’è difficoltà, non c’è lotta; ove non c’è lotta, non c’è conquista. Perciò la vita è lotta”.